Il nuovo viaggio fotografico di Pino Veclani
Sui “sentieri di luce” della Valcamonica, fino alle sponde del lago d’Iseo.
In mezzo le montagne della mia terra natale: il Passo Gavia e il Passo del Mortirolo; il Crocedomini e il Maniva. Le Torbiere del Sebino e il Monte Guglielmo. Punta Almana e Monte Isola. La luce, quindi. O, meglio, l’“effetto luce”.
È l’appunto che ho riportato sul mio taccuino durante la prima lezione di fotografia seguita all’Istituto Cesare Correnti di Milano. Era il 1958. Negli anni questa penna naturale ha disegnato sentieri di luce; io li ho ritratti e poi, subito dopo, li ho percorsi. “Ci sono pittori che dipingono il sole con un puntino giallo; ci sono pittori che da un puntino giallo dipingono il sole”. Il fotografo è un po’ pittore; il suo occhio è considerato “l’occhio dell’intelligenza”.
Come il “terzo occhio” degli antichi egizi. Ne parla Wilbur Smith nei suoi romanzi. Dagli effetti creati dal sole “dipingo” il mio paesaggio. Lo fotografo. Mi emoziono. Non amo essere complimentato con l’attributo di “artista”. Il pittore è un’artista: ritrae il paesaggio dal vivo, senza aiuti tecnologici. Io al collo porto la Linhof Technorama 617s III o la Noblex Panorama 6×12. In tasca ho pellicole Kodak 120/220; filtri Uv e polarizzatore.
Uso la tecnologia digitale nei lavori quotidiani, nei servizi e nei matrimoni. La ripresa fotografica, però, va sempre progettata e studiata. Conservo la capacità di emozionarmi. Come un bambino rimango incantato di fronte a ciò che la luce sa fare: rende nuovo un luogo familiare, per esempio il Passo Gavia. Qui il cuore accelera i suoi battiti; la paura di perdere l’attimo avanza; quando lo scatto è terminato ringrazio a voce alta Chi ha creato tutto ciò che vedo. Terre Alte, il mio precedente lavoro, viveva di immagini realizzate in Valcamonica.
Sentieri di luce esplora territori a me inediti, almeno dal punto di vista fotografico. Nuove difficoltà e nuove soddisfazioni. L’impatto con zone fuori dai confini abitualmente battuti è ostile. Bisogna conoscerle, apprezzarle, affezionarsi e amarle. Solo allora posso fotografarle. Dall’Alta Valcamonica all’Alto Sebino.
Prima della trasferta serve consultare le previsioni meteorologiche, ma nessuno le sa fare in base alle mie esigenze: ciò che conta per me sono gli imprevedibili giochi di luce. E quando i miei familiari guardano dalla finestra dopo il riposo notturno, pensano: “dove sarà andato alle 6 del mattino mentre qui piove?”. Non immaginano che io sto fotografando il paradiso sopra le nuvole che avvolgono il paesaggio. Quattro anni per un totale di 1.500 scatti. Selezionati fino ad arrivare alle immagini che compongono il libro.
Sentieri di luce: fra sconforto e speranza
Quattro anni intensi; la sofferenza si è alternata alla gioia. Come su di un’altalena: tra sconforto e speranza. Costante l’appoggio della mia famiglia, stimolo per superare le difficoltà, spronandomi a ricorrere all’attività fotografica. Una cura per l’anima e per il corpo. È dal confronto che nasce un miglioramento. Osservo immagini di altri fotografi, la cui fama non ha confini territoriali. Il soggetto immortalato, la tecnica usata, il risultato. Non nascondo un sentimento d’invidia. Ma poi rientro in me stesso: sprigiono il mio carattere e faccio emergere il mio modo di fotografare. Quest’ultimo deve essere unico. Che piaccia o meno. Il mio segreto…
Quando nella tarda mattinata le attrezzature riposano nello zaino incontro escursionisti con la macchina fotografica al collo: camminiamo in sensi opposti. Salgono verso la cima della montagna; forse non sanno che lo spettacolo della luce si è da poco concluso.
Pino Veclani
Scoprite anche la bibliografia di Pino Veclani