Con i Dancali, gente di solitudine e libertà

Con i Dancali, gente di solitudine e libertà

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Alla scoperta dei Dancali dell’Eritrea.

In Eritrea, già Africa Italiana, a meridione del porto di Massaua si stende, fino al confine francese di Gibuti, il vasto territorio arido e inospitale dei Dancali, desolato e deserto. Un itinerario difficile, portando con sè viveri e acqua. La temperatura, salvo la notte, è tra le più elevate del globo. Il territorio è interessante per la sua imponente stessa desolazione. Molto povero di fauna e di flora, specie rare sono in parte estinte: l’onagro o asino selvatico, il cudu e l’orix dalle lunghissime corna, semiscomparso il gattopardo e lo struzzo, più numerose, ottarde, faraone, facoceri, lepri, antilopi. La popolazione dei Dancali o Afar, nomadi pastori, a lungo chiusa a ogni penetrazione, conserva un carattere fiero, indipendente ed è quasi impossibile e rischioso accedere ai loro territori senza particolari introduzioni. Dall’altopiano di Macallè, m. 2040, si scende per valli con un fuoristrada dove i rilievi vulcanici sono improntati a una vastissima zona sprofondata, rotta e frammentata, tra quote di -140 metri fino a circa m. 2500 del superbo Assabot. Frequenti i crateri basaltici di un vulcanismo che si manifesta ancora con solfatare e acque termali, acquitrini permanenti per le piogge. Creste ed erti profili disimmetrici, depressioni di argille e sabbie. La pista scende in vista del candido Piano del Sale esteso circa 100 Km. Prima dell’ultimo insediamento abitato di Gozzeblè, si viene fermati da vari posti di blocco. Le attese sono lunghe. I Dancali, riconoscibili per le tipiche treccine e riccioli lucidi di burro, sono armati di Kalashnikov. Hanno la fama di irriducibili e feroci guerrieri, che in passato eviravano i nemici catturati e uccisi. Per proseguire si attendono le decisioni dei capi clan, a volte occupati a fare un interminabile pisolo, anche per un giorno e mezzo. Senza guide e referenze è impossibile proseguire. A quota -140 metri si raggiunge il lago Afrera. Nella città di Assab, sul Mar Rosso, un obelisco ricorda i caduti e Giuseppe Giulietti, che col compagno Bilieri a fine maggio 1881, furono ferocemente trucidati da una tribù di Dancali, durante un’espolarazione. Lo specchio d’acqua salmastra, tra neri basalti e pomice grigia, e la depressione, accumulano il calore del sole. Il lago salato di Afrera accoglie dozzine di sorgenti calde che defluiscono nell’acqua a 43 gradi, insopportabile al metabolismo dell’uomo, ma i pesci si sono incredibilmente adattati. La riva è salata e fangosa, eppure in questo paesaggio lunare vivono uomini e animali. Attorno il paesaggio è disseminato di vulcani. Quando si fa buio si diventa testimoni di un meraviglioso spettacolo della natura. I vulcani sono incredibili valvole da cui esce l’energia dal nucleo infuocato del globo. Il magma incandescente illumina l’oscurità con barbagli di luce rossa. Nella caldera si osserva il processo di risalita della lava. Spettacolo impressionante e primordiale delle lingue di fuoco, sotto la spinta delle forze geologiche capaci di far sorgere o di sprofondare masse di roccia o di magma. Qui la pista finisce e i Dancali formano una carovana di dromedari carichi di molta acqua. Il percorso prosegue a piedi nel deserto lavico, arido ed estenuante. Si marcia solo all’alba o all’imbrunire. Durante la marcia si incontrano anche poveri insediamenti di igloo di blocchi lavici, coperti di frasche essiccate. Niente hotel di lusso qua. Tutto, nella regione dei Dancali, è come il primo giorno della creazione del mondo in un ambiente primordiale da origine della terra. Alla fine il vulcano Afderà, m. 2225 con una dorsale verticale estesa per 11 km di scisti, gessi, imponente. Questo deserto dei Dancali, inferno del creato, è grandioso nell’espressione delle forze naturali. Energia non solo come forza della natura, ma come evoluzione della vita.