In Himalaya alla scoperta degli operai che asfaltano ancora a mano
Passo Kardongla, tra India e Tibet, attraverso una strada militare d’alta quota, operai indù asfaltano ancora a mano… Himalaya del Ladakh, passo Kardongla m. 5630, il più elevato tra India e Tibet. Ecco improvvise si levano fiamme rosso fuoco e un fumo denso, nero, cupo. Vapori acri irritano la gola. Entriamo in una sorta di girone d’inferno dantesco. Uomini neri, incappucciati, sono i dannati dell’asfalto. Solo gli occhi emergono da cappucci scuri. Himalaya del Ladak al confine del Sinkiang cinese. Risalendo, tra alte vette, la strada militare del Passo Kardongla a m. 5630, nel silenzio rarefatto dell’alta quota, ecco ad una curva, dietro una dorsale, il cielo terso improvvisamente s’incupisce. Fiamme rosso fuoco si levano dalla terra e un fumo nero, acre sale intorbidando un lembo di cielo. Sui precipizi fluttuano vapori densi e torbidi. Mi avvicino tra fumi che si spandono e mi avvolgono acri, irritano la gola. Mi arresta sulla soglia di un fantastico, quasi irreale girone dell’Inferno dantesco. Uomini neri, incappucciati da cupi teli di sacco, mi si fanno incontro. Sembrano uscire dalle fiamme che ardono. Sono indù intenti all’asfaltatura primordiale della pista d’alta quota. Non dispongono di macchine asfaltatrici. Tutto avviene a mano. Falò di legna ardono sotto bidoni d’asfalto in fusione. Con secchi e lunghe pale la stendono sulla strada e la coprono di ghiaia. Con funi trainano a braccia pesanti caldaie e rulli compressori. Come dannati dell’asfalto si muovono rapidi, coordinati, in silenzio per non ingoiare i fiumi tossici. Emergono solo gli occhi dai cappucci scuri. Tutto è torbido, grigio, cupo, irreale…ma tutto è vero! Questi uomini sgobbano come anime dannate e non hanno sindacati a difesa. Forse sognano che tra le cime candide di neve si levi il vento, un fresco alito di primavera e profumi l’aria di fiori, di luce chiara e di armonie.