Chachapoyas, dalle Ande, guerrieri delle nubi

Chachapoyas, dalle Ande, guerrieri delle nubi

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Il mondo perduto dei Chachapoyas

Il mondo perduto dei Chachapoyas, i “Guerrieri delle Nubi”, è sepolto per sempre tra le Ande, lungo la Valle dell’impetuoso fiume Maranon, dove la foresta si stende verso l’infinito “mare verde” dell’Amazzonia. Gli Incas, loro nemici accaniti, li chiamavano Sachapuyo, ossia “il popolo delle foreste nuvolose”. Chachapoyas è il loro autentico nome con cui conosciamo la più misteriosa delle civiltà andine, svanita per sempre tra le nebbie di un passato enigmatico, come le loro foreste intricate. I loro sepolcri (chullpas) arroccati su dirupate pareti rocciose del Cerro Carbón sono accanto a idoli di legno intagliati, sospesi sugli strapiombi. Per raggiungerli nell’estremo Perù settentrionale, dopo 2 ore d’aereo da Lima a Chiclayo, la strada del nord è la via più veloce e sicura, percorsa in circa 15 ore di bus fino a Leymebamba. Oppure da Cayamarca un’altra strada scenografica in vista di vette candide di ghiacci oltre i 5000 m., ma più pericolosa, raggiunge quota m. 4000. Prevede un cambio di bus a Calendin e 20 ore di caracollante viaggio. Strade che si insinuano sterrate tra i canyon del Rio Maranon in un labirinto di montagne. Poi a dorso di cavalcature “pelle e ossa” si risalgono gli strapiombi del Cerro Carbón alla ricerca delle chullpas, le tombe a più piani di Rewash. Appaiono improvvise arroccate in tinte ocra e mattone, che risaltano tra il grigio della roccia e il verde della vegetazione. I siti archeologici sono numerosissimi. Alla sconosciuta Kuelap, edificata a oltre 3000 m, detta Machu Picchu del nord, le tribù chachapoyas erano costrette dal clima dell’Amazzonia piovoso a coltivare esigui terreni agricoli in fondovalle. Le loro dimore fortificate, appaiono come un gigantesco ellisse di pietra di oltre quattrocento edifici circolari. Sono rimasti solo i basamenti ingoiati da gigantesche radici. Kuelap è un simbolo di potenza. Terrapieni di decine di metri, forse venti in elevazione, realizzati con oltre centomila blocchi di pietra intagliata. E internamente alla cinta centinaia di sepolture, simboli di protezione propiziatoria della cultura andina. I chachapoyas erano alti di statura, di carnagione chiara. Un enigma che ha richiamato da tutto il pianeta archeologi e antropologi. Pedro Cieza de Leon, cronista della conquista spagnola narra di Indios bianchi con occhi chiari. I Purumacos di Karajia, “sciamani anziani”, custodivano le mummie di principi e sacerdoti, la cui anima per sopravvivere doveva ritrovare un corpo e rinascere dal ventre di Pachamama, la madre Terra. Il loro ritrovamento risale al 1997, da parte di Sonia Guillen, direttrice del museo di Leymebamba. Un ritrovamento importante, ma i campesinos iniziarono il saccheggio, determinando controversie. Sono le prime mummie ritrovate intatte nel difficile ambiente umido del “Cerro nubloso”, che svelano informazioni, riti e tradizioni ignote dei Chachapoyas, guerrieri delle nubi, dal fascino enigmatico.