Un rapido sguardo a Sondrio nella seconda metà dell’800

Un rapido sguardo a Sondrio nella seconda metà dell’800

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La Sondrio della seconda metà dell’Ottocento rinasce grazie ai propri “illuminati” amministratori

Dopo un periodo travagliato caratterizzato da guerre, carestie e alluvioni disastrose, finalmente l’11 luglio 1859 l’armistizio di Villafranca segnava la fine della seconda guerra d’Indipendenza e sanciva definitivamente la liberazione della provincia di Sondrio dall’Austria. Nella seconda metà dell’Ottocento aveva così inizio la rinascita della città, grazie all’opera di intelligenti amministratori che si dedicarono con impegno instancabile alla ricostruzione. Il merito va a tre valtellinesi Emilio e Giovanni Venosta e al conte Luigi Torelli; quest’ultimo, nominato governatore della provincia di Sondrio nel ’59, diede il via alla ricostruzione economica. Si poté così registrare – dopo pochi anni – un miglioramento nei vari settori dell’amministrazione: dall’urbanistica ai trasporti, dall’istruzione al servizio sanitario e ai servizi postali. Un particolare impulso ebbe l’agricoltura soprattutto per quanto riguarda il settore della viticoltura. La struttura urbanistica della città di Sondrio si arricchiva di nuovi imponenti edifici, in particolare la Piazza Nuova- oggi Piazza Garibaldi – nei primi decenni dell’Ottocento era un terreno coltivato ad ortaggi e a foraggio, fiancheggiata dal Mallero che scorreva senza alcun riparo sebbene nei pressi vi fossero alcune case. La piazza cambiava completamente aspetto con la costruzione dell’edificio della Banca d’Italia, e poco dopo dell’albergo della Posta e della Banca Popolare (nel 1871), veniva restaurato anche il palazzo Lambertenghi che tornava così al primitivo splendore, il Credito Valtellinese veniva costruito nel primo decennio del ‘900. La via Piazzi veniva abbellita grazie alla costruzione del palazzo Botterini oggi sede della Cariplo, poco distante sul lato opposto sorgeva l’edificio della Società Enologica con lo scopo di migliorare la produzione vinicola e incrementare il commercio dei vini migliori. L’ampio fabbricato era dotato di grandi cantine, lì i contadini conferivano le uve e il vino in eccedenza. Tale struttura resistette a lungo nella sua integrità e costituì un punto di riferimento per la tecnica enologica moderna fino a non molti anni fa. Veniva costruita anche la Casa di Riposo all’inizio della strada per Montagna, dove rimase fin un decennio fa.

Le filande

Intorno al 1864 le uniche attività di Sondrio riguardavano la lavorazione della seta: in città esistevano quattro filande, di queste una sola era dotata di lavorazione a vapore. Purtroppo questi opifici non offrivano nessuna garanzia dal punto di vista igienico e sanitario. L’occupazione femminile risulta nettamente prevalente rispetto a quella maschile, infatti si rileva una presenza di ben 192 donne, di cui 86 allieve ancora in tenera età dagli 8 ai 16 anni e soli 8 uomini. L’orario di lavoro era di ben 14 ore e il salario era di circa una lira e 10 centesimi al giorno. Per quanto riguarda la situazione sanitaria si parla di tubercolosi, di febbri intermittenti che colpivano le lavoratrici spesso con esito mortale. A causa della precaria situazione sanitaria furono numerose le donne che abbandonavano il lavoro e quel salario che seppur misero rappresentava un aiuto per le famiglie, per tornare alla vita dei campi sicuramente più salubre. Occorre inoltre ricordare che le filande (setifici) nella nostra città, ebbero una vita relativamente breve, tra le varie cause non possiamo dimenticare la malattia dei gelsi delle cui foglie si nutrivano i bachi da seta. Verso fine secolo all’industria serica subentrò quella cotoniera con la realizzazione del cotonificio Fossati nelle vicinanze del Castello Masegra (1895). Tale attività assunse subito un ruolo di primo piano nell’economia della città e dei paesi vicini da dove provenivano numerosi operaie ed operai.

Cultura

Sul piano culturale Sondrio ebbe, fin dalla seconda metà del settecento, una accademia letteraria, detta dei “Taciturni” con sede nella chiesa di San Rocco. I fondatori erano esponenti delle famiglie più importanti: Carbonera, Pelosi, Quadrio, Marlianici. A fine secolo la città aveva un suo giornale “La Spezieria di Sondrio”: tale denominazione si deve al fatto che era redatto da un gruppo di persone “ illuminate “ che si riunivano in una “farmacia–spezieria” situata in Piazza Vecchia; scopo del giornale era quello di informare i cittadini in merito agli eventi più importanti dell’anno. Tale pubblicazione ebbe però vita breve. Dai primi decenni dell’Ottocento e per tutto il secolo ebbe inizio una discreta attività editoriale e una stamperia che provvedeva alle esigenze del territorio provinciale. Tra questi il primo fu Giovan Battista Della Cagnoletta che protrasse la sua attività fino a metà Ottocento; dal 1863 incominciò l’attività della stamperia Brughera e Ardizzi e successivamente quella del Moro e in seguito di Emilio Quadrio. Nel 1861 ebbe inizio la pubblicazione del giornale “La Valtellina “.

La scuola

L’attuale Convitto Nazionale di Sondrio, frequentato da un numero ridotto di studenti appartenenti alle famiglie più benestanti; aveva due professori di umanità e tre di grammatica, ma ebbe vita breve. La scuola elementare aveva 4 classi maschili e 3 femminili per un totale di 130 alunni su una popolazione di 3000 abitanti circa. Inizialmente il locale era fornito dai maestri in casa loro e dovevano pure fornire la legna per il riscaldamento, a cui a volte vi contribuivano anche gli scolari. Nel 1843 fu aperto il Collegio Convitto di Sondrio con cinquanta alunni, parte di questi provenienti dal collegio di Porta Nuova di Milano con posti gratuiti o semigratuiti. La divisa era costituita da calzoni corti di color nero, calze nere o grigie, il cappello a tre punte con un fiocco nero, secondo la prescrizione del Direttore generale di Sondrio. Naturalmente le famiglie più abbienti si avvalevano di istruttori privati sia per i maschi sia per le femmine.

I trasporti

Per quanto riguarda i trasporti una grande innovazione fu costituita dalla realizzazione della linea ferroviaria Colico-Sondrio. Il 16 giugno 1885 fu un giorno memorabile: arrivò, infatti, il primo treno da Colico. Solo dieci anni dopo fu completato il tratto Lecco-Colico; Sondrio fu così collegata alla rete ferroviaria nazionale.

Le diligenze

A Sondrio arrivavano, provenienti dall’alta valle, le imponenti diligenze trainate da quattro cavalli che trasportavano fino a dodici persone; erano di color giallo filettate di azzurro. Carrozze private provenienti soprattutto dal Trentino – Alto Adige attraversavano la città dirette verso i laghi lombardi; formavano lunghe carovane e a cassetta stava il postiglione con il caratteristico costume tirolese. Lo scampanellio delle sonagliere segnalava il loro passaggio portando una nota di allegria. Era un turismo tranquillo, le dame approfittavano dell’occasione per fare sfoggio della loro eleganza e per mettere in evidenza l’immancabile parasole che sporgeva dal finestrino della carrozza.

Vita sociale

La popolazione di Sondrio si divideva in due circoli: il Sociale detto dei nobili con sede nella sala del teatro e un altro di ricreazione per commercianti e operai. Durante il periodo di carnevale si tenevano feste da ballo, al teatro si teneva la stagione dell’opera; nel periodo di Quaresima seguiva un ciclo di rappresentazioni di prosa con attori di rilievo.

Le sagre

Numerose erano le sagre che avevano luogo nel corso dell’anno a Sondrio: il 6 gennaio si andava al Grumello, il 19 marzo si teneva una sagra alla Sassella. I privilegiati che possedevano una carrozza andavano a S. Giacomo e a Tresenda per la degustazione dei tortelli, festeggiando così l’arrivo dell’anno nuovo. La più frequentata di tutte le sagre era sicuramente quella del 29 settembre che si teneva a Tirano con il concorso di mercanti provenienti da varie località della Lombardia, del Trentino, ma anche dalla vicina Svizzera. Per le famiglie benestanti erano occasioni per mettere in mostra la velocità e l’eleganza dei loro destrieri. Per diversi anni la palma della vittoria andò ad una cavalla proveniente niente di meno che dalla scuderia dell’imperatore Gulielmo II. Queste gare suscitavano tra i ragazzi un grande entusiasmo paragonabile attualmente a quello delle gare di Formula 1.