Da dove partire per ottenere il benessere?
Uno dei traguardi da tutti inseguito è il benessere, inteso come il vivere bene con se stessi e gli altri, in armonia con il proprio corpo ma anche con il proprio spirito. Un benessere diverso da quello che ci prospettano i mass media. L’aspetto che più di tutti sollecita a riflettere sul benessere è quello della ricerca dell’armonia, perché si intuisce come sia una delle condizioni che, raggiunte, ci garantiscono tanti altri traguardi. Doversi impegnare per raggiungerla fa già capire come non sia data a tutti né sia facile mantenerla una volta conquistata, ma richieda, a chi la voglia conseguire, uno sforzo non indifferente e, soprattutto, la volontà di impegnare, in questa ricerca, le forze migliori che si possiede per raggiungere il benessere. Questa capacità di ritrovare dentro di noi le nostre qualità migliori, i nostri “punti di forza”, e di riuscire a metterli in campo, è quella che reputo fondamentale per tutte le situazioni che ci accompagnano lungo la nostra esistenza. Riuscire anzitutto a conoscere e sperimentare le nostre doti migliori richiede che ci sia accanto qualcuno, nelle diverse età, che sappia darci delle opportunità importanti e che riesca a fungere da educatore, da colui che fa “educere”, cioè condurre fuori queste qualità. I ragazzi, infatti, ad intervalli regolari e in misura sempre crescente, chiedono proprio questo agli adulti, di metterli in condizione di capire chi siano, quanto valgano e che venga data loro la possibilità concreta di mettersi in gioco, di provare in prima persona ciò di cui sono capaci. Quando si parla di bambini piccoli, nei primi anni della loro vita, è ormai acquisito come dato certo che è meglio che il genitore non si sostituisca al bambino nelle difficoltà ma, anzi, è meglio che si limiti ad osservare i progressi che il piccolo compie per raggiungere qualche traguardo, lasciando che possa anche sbagliare pur di acquistare certe capacità. Questo mi riconduce con il pensiero alla figura di educatore presentata nel film del coreano Kim Ky Dook, intitolato ”Primavera, estate, autunno, inverno e…. ancora primavera”. Credo che ogni educatore debba ripercorrere gli stessi passi del protagonista del film, un monaco buddista che si accinge ad educare un bambino di pochi anni. Nella prima parte del film, riferita idealmente alla primavera come stagione della natura e della vita, egli osserva il bambino che esperimenta il suo rapporto con la natura e gli altri esseri viventi. Ebbene, in questo cammino il piccolo compie dei gesti profondamente sbagliati, non ispirati al rispetto, ma alla prepotenza e alla cattiveria. Per tutta risposta il monaco prima lo lascia sbagliare ma poi gli fa capire il suo sbaglio nel modo più incisivo possibile: gli fa sperimentare sulla sua pelle la profonda ingiustizia che egli aveva usato verso quegli esseri così piccoli e indifesi. Ebbene, ogni volta che guardo quel film mi viene da pensare che dovremmo imparare anche noi la sua semplicità ma anche la sua profondità spirituale nel modo di intervenire, pieno di rispetto ma anche di fermezza nel far valere ciò che è bene per il piccolo. Poteva benissimo, da adulto, impedire al bambino di sbagliare ma il piccolo in questo modo non avrebbe mai capito questa grande lezione di vita, non sarebbe riuscito a vivere da protagonista la convinzione che ci vuole rispetto per poterlo pretendere dagli altri e che la natura ci aiuta a trovare l’armonia anche nella nostra anima e quindi il benessere. È difficile trovare oggi persone adulte animate da questo spirito educativo anche perché manca il rapporto equilibrato con il tempo: non si ha più tempo da dedicare ai figli e allora si preferisce che l’educazione sia fornita da qualche altra agenzia esterna alla famiglia, sia essa la scuola, quando va bene, altrimenti ci si rivolge alla televisione, al computer o a chi è molto meno motivato a far crescere i ragazzi ma più a trastullare o intontire menti giovani e inesperte. Penso che questo sia il rimprovero più forte che i giovani muovono agli adulti: quello di non spronarli a dare il meglio di loro stessi ma di accontentarsi di non farli naufragare. Ricordate le splendide parole di Ulisse nella Divina Commedia quando spinge i suoi compagni di viaggio, vecchi e stanchi, provati dalla guerra e dal girovagare sul mare, a voler intraprendere l’impresa di sfidare i confini dati dagli dei all’uomo? Ebbene, dopo aver ricordato loro che “…fatti non foste a vivere come bruti ma per seguire virtute e conoscenza…”, cioè dopo aver confermato loro che non furono creati per accontentarsi di vivere soddisfacendo gli istinti primari ma che la loro natura di uomini li spingeva a ricercare le qualità migliori di loro stessi, utilizzando al meglio la loro intelligenza, dice che “.., dopo questa orazion picciola al cammino, li miei compagni fec’io sì aguti che a pena poscia li avrei ritenuti”. Ulisse in realtà dice quello che ogni educatore vorrebbe poter dire dei suoi ragazzi: li convinsi così pienamente della bellezza dell’impresa che ci apprestavamo a compiere, che avrei fatto fatica, se anche avessi cambiato idea, a farli desistere, tanto avevano capito la loro natura e i traguardi che potevano raggiungere. Forse i ragazzi di oggi vorrebbero tanto avere educatori come Ulisse, in grado di credere fortemente in loro e di indicare loro la strada. Tornando al benessere, se per benessere intendiamo ricercare l’armonia, in campo educativo questo dovrà consistere in un’azione svolta con i ragazzi, accanto ai ragazzi per aiutarli a trovare dentro di loro le energie morali e civili che li aiutano a sapersi adattare al mondo di oggi. Personalmente credo che oggi manchi spesso l’armonia, poiché si assiste al prevalere di un aspetto sugli altri, e si privilegia quello che fa più comodo, in questa rincorsa affannosa verso l’edonismo. È difficile uscire da noi stessi per proiettarci sugli altri ma se non riusciremo a sforzarci di farlo difficilmente troveremo l’armonia di cui parlavo sopra e, quindi, il benessere. Non sto parlando di cose facili, alla portata di tutti, ma intendo parlare di un benessere che appartiene a tutti, non solo a chi lo vive, perché ha dei riflessi positivi anche sugli altri. Venendo ai ragazzi, occorre curare il loro sviluppo armonico, cioè bisogna considerare le componenti intellettuali, fisiche, morali, artistiche, relazionali per dar loro il benessere. Si tratta di un lavoro lunghissimo, delicato perché deve essere rispettoso, non prevede un solo interprete ma una pluralità di interventi, ognuno armonico con gli altri, sinergico negli obiettivi da conseguire. La conquista del benessere è l’avventura più entusiasmante che ci sia quella di permettere ad un ragazzo di mettere in luce ed educare le sue potenzialità in qualsiasi campo si manifestino. Il percorso della crescita, lo sappiamo bene noi adulti, è costellato di insidie, di problemi che appaiono spesso irrisolvibili ed ecco perché c’è bisogno che le persone che stanno accanto ai ragazzi abbiano le idee chiare, sappiano cosa fare e come farlo. Tante volte anche la letteratura ha dipinto la giovinezza come l’età più bella e spensierata ma, guarda caso, queste opinioni sono sempre state espresse da chi quel momento lo aveva già superato e poteva permettersi il lusso di idealizzarlo. Per chi lo sta vivendo in prima persona non è affatto così bello; anzi, alle volte è veramente difficile. I ragazzi devono districarsi dai loro problemi legati all’età, alle amicizie, alle pulsioni sessuali che li attraversano senza sosta e in più devono divincolarsi dalle ansie degli adulti, dai freni che vengono tirati quando sembrano sfuggire al controllo dei grandi e in realtà rivendicano fiducia, stima, ascolto. Le provocazioni che ogni tanto i ragazzi mettono in atto nei confronti degli adulti fanno parte del loro cammino di crescita, ci sono sempre state e sempre ci saranno, perché i ragazzi, per affermare se stessi, devono contrapporsi agli adulti che li circondano. Per capire quanto sia antico questo contrasto tra generazioni, pensate che è stata rinvenuta una stele, risalente alla corte del re babilonese Hammurabi, vissuto nel XVIII secolo a.C., che portava la seguente epigrafe: “Non se ne può più di questi giovani: litigano, dicono parolacce, mancano di rispetto agli anziani e inseguono continuamente le ragazze” (la parola corretta era ingravidano). Ciò suona a riprova che non ci siamo inventati niente di nuovo a livello di situazioni caratteristiche dell’età. Ciò che invece è fortemente mutato è la realtà in cui si trovano a vivere ed agire i ragazzi di oggi. È stato abbondantemente superato il tono sconsolato di quella stele in pietra ma è rimasto, come macigno da rimuovere, l’atteggiamento sprezzante ed insofferente degli adulti verso gli sbagli dei ragazzi. Come fare, allora per aiutarli nella conquista del benessere? Ci sentiamo tutti troppo spesso come dei giudici abilitati a sentenziare senza considerare le condizioni in cui si verificano certi sbagli. Dalla mia esperienza ho tratto l’insegnamento che è troppo facile esprimere una condanna, un giudizio inappellabile su un ragazzo. Risulta certamente molto più impegnativo cercare di capire il perché quel ragazzo è giunto a tanto, cosa gli hanno sottratto nella sua età infantile, con quali persone è cresciuto, ha mosso i suoi primi passi affettivi e relazionali. In poche parole viene da chiedersi: “Ma quel ragazzo poteva agire diversamente? Aveva la possibilità reale di scegliere il bene o era predestinato da tutta una serie di errori educativi a commettere il male, magari senza rendersene conto?” Credo infatti che sia la nostra storia personale a spiegare i nostri gesti, le nostre attenzioni, le nostre sensibilità ma anche le nostre avversioni, i nostri disagi, le nostre incapacità affettive, che sono quelle che più di tutte pesano nella ricerca del benessere. Ritornando all’Ulisse di Dante, ciò che riesce a fare con compagni d’avventura anziani e stanchi, provati dalla vita e quasi piegati dalla fatica di vivere, è splendido. Fa leva sulle qualità migliori dell’uomo, non solo di quegli uomini ma di tutti, sul desiderio più profondo di mettersi alla prova per verificare fino a dove ci si può spingere per conquistare il benessere, sul bisogno di conoscenza che accompagna la vita dell’essere umano e dà a tutto ciò un significato. In poche parole Ulisse (così descritto dal supremo Dante Alighieri) è l’educatore per antonomasia, è la guida per la ricerca del benessere psicologico e spirituale, è colui che sa apprezzare ciò che di bello e valido esprimono gli altri, sa far leva sul loro amor proprio, sul senso della sfida. Pensandoci bene, non è forse quello che dovremmo riuscire a fare anche noi, da genitori o da insegnanti o da educatori? E allora coraggio e partiamo, rimbocchiamoci le maniche e i ragazzi ci ringrazieranno, perché ricordiamoci che i ragazzi sanno distinguere chi vuole loro bene e si spende per loro senza alcun altro interesse che la loro felicità come pure sanno individuare chi cerca di imbrogliarli, di illuderli, di usarli o semplicemente li sopporta. Amiamoli per come sono e non per come li vorremmo, sorreggiamoli anche se a volte sbagliano, anche perché si deve comunque passare attraverso degli sbagli per apprezzare la bontà e la verità. Auguro buon lavoro a tutti e spero che il benessere da tutti agognato possa essere il premio per averlo ricercato con umiltà ma con caparbietà e utilizzando le qualità migliori.