Un viaggio al confine della civiltà
Diario di un emozionante viaggio al confine della civiltà. Tra paesaggi immensi e vergini, cascate mozzafiato, strade dissestate da percorrere in 4×4. Un’Africa sopra i tremila metri di quota.
La pista sterrata fa sobbalzare gli ammortizzatori al ritmo della musica reggae sparata a tutto volume. Una buca più profonda e tutti, autista compreso, si lasciano andare in risate e grida.
Tra i passeggeri c’è chi trasforma il viaggio in occasione per il piccolo commercio di pesche, aranci, e ricariche telefoniche. Nel corridoio due ragazze rasate ballano agitando le loro giovani grazie. Il veicolo è uno spazio festoso che avanza dentro un paesaggio immutabile e silenzioso. Siamo sul bus che da Maseru si inoltra nel cuore dei monti Maluti seguendo un percorso impossibile, tra valichi, crostoni scoscesi e vallate immacolate.
La destinazione è Semonkong, Siamo in Lesotho, il Regno del Cielo. Africa quindi. Un’Africa difficile da immaginare, perché qui le montagne superano i 3000 metri e quando è inverno, tra giugno e settembre, cade la neve e si scia. Ma ora è estate, tempo di piogge. I torrenti straripano in diversi punti invadendo la strada. L’autista non sembra preoccuparsene. Il Lesotho è quel piccolo stato che guardando l’atlante sta proprio nel centro del Sud Africa, tanto da farti chiedere che ci faccia lì in mezzo.
La geografia rimanda alla storia, quando agli inizi dell’Ottocento le popolazioni della savana furono costrette alla fuga per l’espansione in pianura del regno di Shaka Zulu. E’ il Difaqane, il tempo delle calamità. Alcune tribù di etnia Sotho trovarono rifugio sulle montagne radunandosi attorno alla figura di un re abile e guerriero: Moshoeshoe. I Basotho si stabilirono a Theba Bosiu, una montagna tabulare scoscesa e circondata dal confluire di due fiumi, Caledon e Puthiatsana. Sebbene molti eserciti abbiano invaso le verdi vallate dei monti Maluti, nessuno mai riuscì ad espugnare “la montagna della notte”. Si perché, leggenda vuole che al calar del buio, il Theba Bosiu respiri ingigantendosi, impedendo pure la sua presa notturna. I guerrieri Basotho dovranno però firmare la pace con le truppe inglesi e le loro terre verranno messe sotto protettorato del Regno Unito, senza tuttavia essere annesse al Sud Africa. L’indipendenza arriverà solo nel 1966. Dopo ripetuti colpi di stato. Il Lesotho (terra dei Basotho) è oggi lo stato più alto del mondo. La capitale Maseru sta sopra i 1300 metri, e il resto è un susseguirsi di monti rocciosi, villaggi e vallate, fiumi che precipitano per centinaia di metri dentro giganteschi canyon.
Un paradiso immacolato dove la presenza umana ha potuto adagiarsi raccogliendone i frutti, senza far del male alla natura. Tranne un’arteria a due corsie che da Maseru raggiunge il nord del Paese, le strade sono per lo più sterrate e percorribili solo con 4×4. L’alternativa è il cavallo. Discendente d’incroci tra purosangue arabi e persiani, la razza Bashoto non è molto alta di statura, ma resistente e dotata di una grazia particolare. Dopo quattro ore di sobbalzi, l’autobus ferma la sua corsa nello spiazzo al centro di Semonkong. Il giorno successivo farà il percorso inverso. Non ci sono orari, quando si è pieni si parte.
La prima cosa che vediamo è anche l’unico segno di modernità: l’immenso cartellone pubblicitario della compagnia telefonica Sudafricana. Pochi passi più in là, una carcassa d’aquila inchiodata alla porta dà il benvenuto alla capanna dello stregone. Poi un banchetto con pelli di lepri, ragni, teste di porcospino, misteriose boccette e vecchie radio con cui forse, il medium capta i segnali dell’aldilà. Tutto intorno, e poi giù lungo la valle, le case degli abitanti. Le costruzioni tipiche sono in pietra e circolari. L’uomo bianco attira attenzione. I ragazzi del villaggio ci si radunano subito attorno. C’è chi si offre come guida, chi vuole lavare i panni, chi si mette in posa per una fotografia e chi vuole una sigaretta. I Basotho hanno fama d’essere una delle tribù più accoglienti e pacifiche d’Africa. Si dice che questa bontà sia riflessa nel loro linguaggio, molto formale e pieno d’espressioni di cortesia. Al di là del fiume, Semonkong lodge, offre un punto d’appoggio ai viaggiatori, che possono dormire in hut dotati di energia elettrica, e un buon ristorante con cucina locale.
Come in altri luoghi del Paese (da segnalare, ad esempio Malealea lodge nel sud del paese), queste piccole strutture turistiche danno una mano all’economia locale impiegando alcuni abitanti del villaggio. In particolare per l’attività di guida a passeggiate ed escursioni a cavallo. La vallata che si apre lasciandosi alle spalle Semonkong lascia senza fiato. Distese ondulate di campi di mais, grasse vacche al pascolo, torrenti senza ponti e pastori a cavallo avvolti nei loro Thapa ea Seeiso, tradizionali coperte colorate. In lontananza una maestosa spaccatura nella roccia preannuncia la vicinanza a Maletsunyane Falls. È la cascata più alta d’Africa. 212 metri d’acqua in caduta libera su una piscina naturale dalla quale, in quel giorno, sboccia l’arcobaleno. Nasce la voglia d’urlare di pazzia di fronte a questo scorcio del creato.
La voglia d’aprire le braccia al mondo e sentirsi, per una volta, parte di una natura così potente. Al tramonto, sulla via del ritorno, un altro spettacolo. Sui campi una moltitudine di uccelli coda-lunga svolazzano rasi al terreno a caccia d’insetti. Un altro giorno di cammino e si arriva ai monti Thaba Putsoa, ai loro spettacolari dirupi ed altre cascate alte circa 100 metri, Ketane Falls. Alcuni giorni a cavallo sarebbero pure ben spesi per attraversare il fiume Orange e raggiungere Thaba-Tseka, altra imperdibile stazione di sosta. Percorsa per lo più da decine di mini-bus, la strada che da Maseru va verso nord è la principale arteria del Paese. Nel tragitto si incontrano cittadine caotiche e vitali come Leribe e Butha-Buthe. Qui il silenzio della natura lascia il posto alla confusione e alla musica. Musica suonata per strada al ritmo dei bonghi o lanciata da grossi speaker fuori dai negozi. Musica vitale che ti fa muovere. Musica che è l’essenza pulsante della cultura africana. E poi gente, colori e grida. Tanta frutta su decine di piccoli banchetti. E mucchi di bambini che corrono a prendersi, o che giocano con piccole automobili di fil di ferro. Le ruote? Sono lattine di Coca-cola. Dopo Butha-Buthe la strada ridiscende verso sud attraversando diversi passi montani, villaggi minerari e le cave di Liphofung. I loro diamanti sono la più grande ricchezza del Paese.
Nel 2006 è stata portata alla luce una pietra da 633 carati. La più grande mai scoperta. Ancora un’ora di viaggio e si raggiunge il capolinea. Mokhotlong è l’unico centro di medie dimensioni nell’est del Paese. Una cittadina straordinaria, costruita tra il fianco montano e un burrone con vista su una distesa di piccoli canyon scavati dal fiume. Fino agli anni ‘50 non era neppure raggiunta dalla strada e ancora oggi, quando d’inverno nevica, rimane completamente isolata. Gli abitanti ci scherzano. Dicono di vivere nel posto più solitario d’Africa. L’unico modo per proseguire è un 4×4 con guidatore esperto. L’est del Lesotho è totalmente sprovvisto di strade asfaltate. E le poche tracce sterrate sono incredibilmente erte e non in condizioni ottimali. Anche l’altitudine gioca il suo ruolo. Il passo Kotisephola segna i 3240 metri. Ancora una risalita per giungere al leggendario Passo Sani (2873m).
Qui c’è un albergo e un pub che si vanta d’essere il più alto d’Africa. Si organizzano escursioni a cavallo e d’inverno si raggiunge con gli sci. Il canyon che apre la montagna dando accesso al percorso fa salire i brividi. Dalle cime si vede l’universo che a fatica va verso la pianura. Siamo al di sopra delle nuvole. I primi raggi di sole danno brillantezza ad un infinito panorama tinto verde fresco. La piccola stazione di polizia ci segnala il confine tra Il Regno del Cielo e la Repubblica Sudafricana.
Al di là si estende la catena dei monti Drakensberg, uno dei parchi naturali più spettacolari d’Africa.