Nel 2014 gli acquisti online hanno segnato un aumento.
Il primo Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo della School of Management del Politecnico di Milano lo ha confermato: gli acquisti online nel campo del turismo nel 2014 sono aumentati rispetto al 2013, arrivando a un valore complessivo apri a 9 miliardi di euro, che corrisponde a una percentuale del 10% rispetto al totale e in un mercato che risulta pressoché stazionario. Un trend che dovrebbe far capire quanto l’avere un proprio sito internet e l’essere presenti sui vari social network stia diventando sempre più una necessità e non una mera perdita di tempo.
Ma qual è l’identikit dell’utente che fa acquisti online? Dai dati rilevati, la maggior parte dei flussi di denaro arriva dal mercato domestico, ossia dagli italiani che viaggiano in Italia (46%, segnando un aumento del +11% rispetto all’anno scorso). Il 34% del denaro, invece, arriva da italiani che viaggiano all’estero, registrando un aumento del 9%; è pari al 20%, infine, la percentuale di acquisti online che arriva da stranieri che viaggiano in Italia, con un incremento pari al 6%.
Gli acquisti online nel campo de turismo, però, non sono ripartiti allo stesso modo: il 74%, infatti, viene speso nei trasporti, il 14% in strutture ricettive e il 12% in pacchetti di viaggio. Tutti questi reparti, però, hanno registrato degli aumenti negli acquisti online, pari rispettivamente al 10%, al 4% e al 10%. In un anno gli italiani hanno speso circa 31,5 miliardi di euro, segnando un aumento pari all’1%; di questi 7 miliardi, con un aumento del 10%, sui canali digitali.
Ma come si comportano albergatori, agenzie viaggi, tour operator, ristoratori davanti all’aumento degli acquisti online? Il 70% degli intervistati ha dichiarato di usare la rete per comunicare con i propri clienti, mentre più del 25% dice di aver fatto pubblicità sui canali social e sui motori di ricerca; l’82% ha, infine, dichiarato di aver creato il proprio sito web per essere presente online. Tra i social network il più diffuso è Facebook, seguito da Google Plus e da Twitter. Dall’analisi è emerso anche che, sebbene le strutture conoscano i social e li usino, non sono però poi in grado di utilizzarli al meglio né sono in grado di trasformarli in strumenti efficaci.