I dipendenti e la voglia di social: ecco i nuovi ambasciatori di brand
I social media stanno avendo sempre di più una notevole influenza per quanto riguarda la brand reputation. Gli stessi dipendenti di un’azienda sono social attivi; da una ricerca condotta dalla Weber Shandwick in collaborazione con la KRC Research emerge la necessità di valutare anche l’attività dei dipendenti sui social in relazione alla brand reputation. L’indagine ha evidenziato la soddisfazione degli impiegati come metro dell’efficacia della comunicazione si è drammaticamente alzata nel corso degli ultimi 5 anni, passando dal 61% del 2007 al 79% del 2012. Il coinvolgimento dei dipendenti è centrale nel successo di una compagnia in quanto gli stessi sono poi attivi anche sui social network e possono essere sfruttati per creare brand reputation. I dipendenti attivi, infatti, sono differenti: rendono visibile il loro coinvolgimento, difendono i loro datori di lavoro dalle critiche e agiscono come sostenitori attivi, online e offline. I dipendenti attivi esistono già; a volte sono stimolati dal datore di lavoro, ma molto più spesso sono auto-stimolati e determinati.
La ricerca è stata condotta a livello globale coinvolgendo 2.300 dipendenti di età compresa tra i 18 e i 65 anni, che lavorano almeno 30 ore la settimana per aziende di più di 500 dipendenti. Tra gli intervistati quasi il 60% è disposto a difendere l’azienda per cui lavora davanti alla famiglia o agli amici oppure in pubblico, come ad esempio in blog, in siti web, sui giornali, supportando l’azienda nel momento del bisogno e, addirittura, identificandosi con i loro datori di lavoro. Un esempio tangibile è quello dei dipendenti di un’azienda agricola che hanno creato un blog per rispondere alle critiche contro la loro azienda.
Purtroppo, però, dall’analisi emerge anche solo il 30% dei dipendenti si relazionano completamente con i datori di lavoro. Il 21% dei dipendenti ritiene, infatti, che di darsi molto più da fare di quanto viene loro riconosciuto; questo gap tra il dare e il ricevere sul lavoro può portare a un risentimento che viene evidenziato anche sui social media. Alcuni dipendenti, invece, sono più coinvolti di altri e lo mostrano anche sui social network. Per questo i ricercatori ritengono che i datori di lavoro debbano prendere spunto da questa analisi e analizzare meglio la loro forza lavoro e identificare e coltivare quei lavoratori che potrebbero tornare utili nella costruzione della brand reputation.
Come i gli uomini d’affari ben sanno, l’impatto dei social media sulla reputazione di un datore di lavoro è ora diventata una realtà quotidiana. Quello che alcuni uomini d’affari non sanno, però, è quanto i social media siano legati al coinvolgimento dei dipendenti. I dipendenti hanno account multipli su varie piattaforme social dove possono dare libero sfogo a ciò che piace e ciò che non piace loro riguardo al lavoro, ai capi o alla società. Sebbene molti datori di lavoro siano spaventati dall’idea che i dipendenti possano distruggere la loro reputazione con un semplice click di condivisione in un social media, il fatto è che ora viviamo in un mondo sempre connesso. I dipendenti condividono le cose nei social. Per i datori di lavoro l’opportunità e la sfida è quella di abbracciare questa nuova realtà e capire cosa spinge i dipendenti a essere degli attivisti positivi.
I sei tipi di dipendenti social
Un dipendente impegnato è un dipendente coinvolto sul lavoro, soddisfatto di quello che sta facendo e che contribuisce positivamente allo sviluppo dell’azienda.
Esistono sei tipologie di dipendenti attivi nei social:
– i pro-attivi: sono i dipendenti che ogni capo o manager vorrebbe avere nella sua squadra perchè le loro azioni sono positive e influenti. Sono i campioni della reputazione del brand e sono il segmento più coinvolto. Per questo è molto importante far leva e potenziare le loro attività, mantenendo alto il loro livello di coinvolgimento, fornire loro contenuti da condividere sui social e dare risposte efficaci;
– i pre-attivi: hanno un elevato potenziale per diventare pro-attivi; ciò che frena il loro attivismo è lo scarso utilizzo dei social media. Sarebbe importante attivarli, in quanto sono molto coinvolti dalla loro azienda e positivi nei confronti del lavoro che svolgono. Un aiuto per renderli pro-attivi verrebbe dal fornire loro strumenti social, formazione e accessi alle piattaforme;
– gli hiper-attivi: intraprendono azioni positivi nei confronti dell’azienda, ma le prese di posizione negative che a volte hanno si riflettono anche su quelle positive. Poichè il loro comportamento negativo non rispecchia il loro livello di coinvolgimento, possono essere visti come delle wildcar. Vanno maneggiati con cura per farli diventare dei pro-attivisti. Bisogna fornire loro dei contenuti positivi da condividere, rafforzare le loro conoscenze nel campo dei social media e comunicare con loro frequentemente;
Un lavoratore che è coinvolto è una persona che tiene veramente all’azienda per cui lavora, una persona che non si limita a farsi vedere al lavoro, ma dà tutto se stesso.
– i re-attivisti: condividono nei social aspetti sia positivi che negativi, ma possono essere molto critici riguardo alle azioni intraprese dai capi e dare pubblico sfogo di questo scontento. Perq uesto vanno resi partecipi delle questioni interne, dare loro informazioni corrette relativamente agli obbiettivi e ai valori dei datori di lavoro, focalizzare le comunicazioni interne su questioni interne, come corsi di formazione, e dar loro le linee guida, gli strumenti libero accesso e messaggi da condividere sui social media;
– i detrattori: il loro coinvolgimento aziendale è scarso; i datori di lavoro dovrebbero calmare le loro critiche e ridurre la loro potenzialità di screditare la reputazione dell’azienda. Andrebbe, quindi, sistemata la loro percezione negativa dell’azienda , implementato un programma di gestione diverso, assicurarsi che le linee guida relative ai social network siano ben comprese e che esistano strumenti che possano rilevare un comportamento negativo che andrebbe a danneggiare l’azienda;
– gli inattivi: rappresentano circa un 20% dei lavoratori intervistati; non hanno un particolare comportamento nei confronti dell’azienda. Solitamente sono persone poco coinvolte e poco motivate nel fare un buon lavoro. Piuttosto che investire in un programma che li renda utenti attivi nei social network, i datori di lavoro farebbero meglio a investire nel coinvolgimento di questi dipendenti all’interno dell’azienda.