“La memoria dell’acqua”, il libro di Schena e De Campo

“La memoria dell’acqua”, il libro di Schena e De Campo

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Il bene “acqua” e la sua preziosità

L’acqua è con molta probabilità l’unica risorsa naturale che interessa tutti gli aspetti della civiltà umana, dallo sviluppo agricolo e industriale ai valori culturali e religiosi radicati nella società: perciò una ricchezza da proteggere!

L’acqua dolce è l’elemento indispensabile per la vita sulla terra. Essa risulta essere essenziale per soddisfare le necessità umane fondamentali, come per la salute, la produzione alimentare, l’energia e il mantenimento degli ecosistemi regionali e globali. L’acqua è un fattore fondamentale nella creazione dei paesaggi umani ed è quindi ancora oggi come è sempre stata: una necessità irrinunciabile per ogni prospettiva di vita umana, animale e vegetale; un’occasione di sviluppo per le singole comunità, variamente localizzate; un possibile fattore di rischio per le medesime comunità. Essendo incontestabile il fatto che essa è assolutamente necessaria alla vita di ogni essere vivente è facile dedurre che, laddove è abbondante, la vita risulti potenzialmente agevole e che laddove invece manchi del tutto, insediarsi e vivere diviene più difficoltoso. Lo scopo di questa importante ricerca, da parte di Gisi Schena e Marco De Campo, è l’analisi (nella prima parte della pubblicazione) di alcuni modi di utilizzo dell’acqua da parte della popolazione di Bormio, un paese della medio – alta montagna alpina. Bormio con i suoi poco più mille abitanti, accentrati in cinque “vicinanze” (reparti), posizionato al centro della grande conca ed ai margini della suddetta “grande prateria”, era servito fino dal Medioevo dalla forza idraulica del canale “Agualar” e di altri minori, tutti derivati dal torrente Frodolfo proveniente dalla Valfurva e dall’Adda proveniente dal la Valdidentro. Queste canalizzazioni erano raffinati sistemi di raccolta dell’acqua per gli opifici e per l’irrigazione dei prati, strutture di regimazione analoghe ad altre riscontra bili ovunque sulle Alpi, tra cui si possono ci tare i “bisses” del Vallese (Svizzera), i “rus” valdostani, i “fosc” valtellinesi dei Terzieri, i “waalen” sud – tirolesi. Nella parte seconda della pubblicazione Gisi Schena e Marco De Campo pongono la loro attenzione sul Comune di Sondalo (Mondadizza) ed in particolare sulla “roggia di Campo”.

Abbiamo incontrato gli autori della pubblicazione e ne abbiamo approfittato per far loro qualche domanda.

Da dove è nata l’idea di questa ricerca storica?

Gisi Schena: “Premetto che ho sempre avuto una passione viscerale per gli aspetti storici ed in modo particolare per gli archivi. Nel corso dell’elaborazione di questo lungo lavoro di ricerca documentaristica, durato dal 2003 al 2007, ho compiuto un viaggio lungo alcuni secoli attraverso gli usi che a Bormio e a Sondalo la popolazione faceva dell’acqua. Ora, come tutti i viaggi, che si rispettino, anche questo mi ha fatto nascere delle sensazioni. Quella preponderante è stata certamente quel senso profondo di “appartenenza” che si prova quando si riprende il contatto con le proprie origini, con la propria memoria. Il mio viaggio si è svolto per la maggiore parte in archivio (quello storico di Bormio), luogo questo di verità antiche su come eravamo, ma anche testimone “muto” del cambiamento naturale, religioso, culturale ed amministrativo del territorio in cui viviamo. Grazie al contatto con i documenti analizzati (oltre duemila) si incontrano i fatti, ad esempio un’opera pubblica da effettuare, ma si incontrano soprattutto gli uomini artefici di queste azioni. E si prova, mi sia permesso sottolinearlo, per alcuni dei protagonisti di queste interessanti storie, un moto naturale di empatia. Qualcosa di simile mi è successo nei con fronti del nobile Antonio De Simoni, sindaco e amministratore del Comune di Bormio per oltre quarant’anni nella seconda metà dell’Ottocento. Uomo attivo e battagliero, amante di ogni tipo di novità, con le sue missive scritte in stile colto e con una grafia precisa ed elegante inizialmente, successivamente tremolante e dal tratto più sottile, mi ha svelato essendone stato sempre un accesso promotore, tutti i cambiamenti avvenuti nel tempo dell’utilizzo delle acque pubbliche. Per quanto riguarda, invece, il lavoro effettuato circa le rogge di Sondalo, questo è nato come naturale prosecuzione della parte “prettamente” bormina. L’essermi trovata a stretto contatto con il materiale documentaristico donato dagli eredi di Pietro Pozzi, detto “Pédro Guèc” al Centro Studi Storici Alta Valtellina ha suscitato in me la curiosità di “scendere” sotto il ponte del “Diavolo” per gettare uno sguardo su come, nel Terziere Superiore, ci si occupasse della gestione delle acque. Ecco che dal faldone si è “schiuso il seme” dell’antica storia di Campo Sondalino, storia che poi in un secondo momento si è arricchita di nuovo materiale grazie alla grande disponibilità di Martino Muscetti, detto Pitòr, vera memoria storica delle acque di Sondalo, ma soprattutto vero amico”.

E per quanto riguarda il discorso cartografico?

Marco De Campo. “Mi riallaccio a quanto sottolineato da Gisi in precedenza e cioè a quando lei ha terminato il grosso lavoro di consultazione dei documenti presso l’Archivio Storico di Bormio. In quel periodo, infatti, capitano due episodi che risulteranno poi essere determinanti per la “stesura” della nostra pubblicazione: mi riferisco al nostro incontro casuale e alla donazione del materiale storico dell’ultimo fontaniere di Sondalo (Pietro Pozzi) al Centro Studi Storici Alta Valtellina. Quello comunque che mi sta più a cuore è proprio l’incontro fortuito con Gisi: è un fatto che sulle autolinee di trasporto pubblico si in contrano persone dalla dialettica brillante e dalle idee molto “sottili”. In una delle nostre prime conversazioni, non a caso lungo il tragitto che da Bormio porta a Sondalo, abbiamo parlato di acqua. In particolare della memoria dell’acqua! Mi sono meravigliato come entrambi fossimo approdati a questo concetto, partendo da sponde diametralmente opposte. La mia formazione tecnico – scientifica mi ha spinto a decifrare la morfologia del territorio alpino come risultato del trasporto delle acque superficiali. Il fondovalle e i coni di deiezione sono ciò che rimane dello scorrimento dei torrenti e dei fiumi. La preziosa ricerca archivista di Gisi ci racconta di un tempo lontano, di fatti e di persone impegnate nella gestione delle risorse idriche del territorio. L’archivio stori­co di Bormio come custode dei ricordi del passato. Per entrambi, appunto, la “memo­ria dell’acqua” e una passione comune per questo “elemento” naturale di fondamen­tale importanza per il mondo intero. Perciò tornando al nostro libro, Gisi era arrivata in dirittura finale della pubblicazione; mi sono detto perché non dare a tutto il lavoro (do­cumenti storici del catasto) una rappresen­tazione grafica. A questo punto ho lanciato una sfida a me stesso, oltre che alla mia compagna di “avventura”. Volevo comun­que evitare la banalità di una citazione steri­le del solito “tratto particolare del catasto” e rendere lo stesso leggibile in “chiave – for­ma paesaggistica”. Sono l’Archivio di Stato di Sondrio e di Milano, oltre all’Archivio Storico di Bormio i luoghi dove ho reperito la maggiore parte dei documenti utilizzati per comporre la cartografia storica allegata alla nostra pubblicazione. Ho consultato in modo particolare il catasto napoleonico del 1815 del territorio di Sondalo e di Bormio ed il catasto teresiano (austriaco) del 1845 degli stessi territori. Il catasto ricopre una porzione di territorio in scala paesaggistica e non urbanistica; di conseguenza Bormio ed in particolare il suo centro storico, oltre a tutta la parte riferita alla piana dell’Alute dove erano collocate tutte le rogge prese in esame da Gisi, è stato rappresentato così. Per fare rivivere i vecchi catasti abbiamo perciò effettuato una ricer­ca fotografica approfondita attraverso i tre archivi poco sopra ricordati. Per evitare la distorsione delle immagini, tipica dell’ob­biettivo delle macchine fotografiche, sono state scattate molte fotografie da distanza ravvicinata in modo da sovrapporle tra loro; è stata creata perciò una sorta di fotogram­metria dei catasti storici, la stessa tecnica usata per la redazione degli attuali catasti. Il risultato finale potrebbe essere definito una ortofoto storica dell’intero territorio del­l’Alta Valtellina. Sei sono le tavole (a colori ed in scala 1:40.000) dei catasti napoleonico e teresiano (austriaco) riportate all’interno della pubblicazione; infine, fanno bella mo­stra, sulla copertina del libro (nella prima e nell’ultima) stampati a colori, rispettivamen­te, il quadro di unione del catasto storico austriaco di Bormio e l’insieme dei quadri di unione del catasto austriaco dell’Alta Valle, ovvero da Bormio a Sondalo”.